Acqua da osmosi inversa
Autore: Alessandro Crudo
La diversa qualità e le diverse caratteristiche chimiche delle nostre acque rispetto a quelle degli ambienti naturali in cui vivono o sono allevati i nostri pesci, hanno creato non poche difficoltà di gestione sia dal punto di vista dell’allevamento dei pesci più esigenti e sia per una migliore gestione di piante ed alghe. Attraverso l’utilizzo di acqua di osmosi (RO) per la preparazione dell’acqua da utilizzare negli acquari, molti appassionati hanno avuto la possibilità di allevare tante specie, animali e vegetali, altrimenti incompatibili con la maggior parte delle nostre comuni acque domestiche.
Ma cos’è l’acqua RO e come si fa a produrla?
Iniziamo dalle due definizioni principali:
Osmosi… ed osmosi inversa:
http://youtu.be/djHXy6kH1Ek
Nel video: il solvente, nei due contenitori collegati tra loro da una membrana semipermeabile (che permette il passaggio dell’acqua tra le due soluzioni ma non dei sali disciolti), passa naturalmente dalla soluzione più diluita a quella più concentrata. Questo fenomeno avviene per differenza di pressione osmotica e attraverso il fenomeno inverso le molecole d’acqua possono essere filtrate.
Ma al di là dei “semplici” concetti fisici…. vediamo tutto questo in termini pratici
Quello nella foto 1 (il mio, n.d.a.) è un comune impianto base per produrre acqua RO ed è composto da tre stadi di trattamento principali:
● la filtrazione meccanica (il contenitore avvolto nel foglio di Alluminio per evitare la proliferazione delle alghe),
●La filtrazione chimica (il contenitore bianco a sinistra)
●Il processo osmotico (la cartuccia posta in orizzontale).
L’acqua grezza (non trattata) entra dal tubicino bianco nel primo stadio di filtrazione meccanica, successivamente attraversa il secondo stadio di filtrazione chimica per poi giungere alla cartuccia dove avviene il processo di osmosi inversa vero e proprio. Dal tubicino blu fuoriesce l’acqua pura (permeato), dal tubicino rosso fuoriesce l’acqua non filtrata carica dei sali estratti (rigetto).
Analizziamo dunque le varie fasi partendo però dal permeato: l’acqua pura.
Foto 2 e 3. Una membrana osmotica, i vari strati di Poliammide sono avvolti intorno al tubo di raccolta del permeato
L’acqua subisce una filtrazione “molecolare” attraversando una membrana costituita da tanti strati in poliammide avvolti su di un tubo (quello di raccolta del permeato). Questo materiale ha la proprietà di essere resistente alle alte pressioni e di formare dei reticolati talmente fitti da non permettere il passaggio delle molecole che pesano più di 150 Dalton. In pratica le molecole d’acqua che hanno dimensioni molto piccole sono filtrate e recuperate mentre i restanti ioni sono scartati. Per fare ciò e per mantenere la sua efficienza, la membrana necessita però di alcune importanti condizioni fisico-chimiche.
Alta pressione
Nelle migliori condizioni di lavoro, le membrane osmotiche, possono produrre 50litri di acqua pura su 100 con un indice di reieziene del 99%. Questo vuol dire che la membrana, alla giusta pressione, può produrre molta più acqua e di elevata qualità.
I più comuni impianti hanno un optimum di produzione a pressioni di circa 4 bar; pressioni minori riducono la quantità e la qualità di acqua prodotta (con annesso un enorme spreco d’acqua di scarto). Per aumentare l’efficienza è dunque importante istallare una pompa di rilancio
Assenza di particelle in sospensione
La membrana osmotica è composta da una fitta serie di pori molto sottili che possono essere facilmente occlusi dal materiale particellare in sospensione che è indispensabile rimuovere per evitare di ridurne l’efficienza e la vita delle membrane. Le cartucce osmotiche, in genere composte da una fitta trama di polipropilene, hanno una porosità che varia da 1 a 25 µm (1 µm = 0,001mm: un millesimo di millimetro ).
Filtrazione chimica
I principali motivi del degrado della poliammide sono dovuti principalmente alla facile tendenza dei pori di occludersi e alla sua bassa resistenza agli agenti chimici come il cloro, le clorammine e molti altri agenti chimici utilizzati per la disinfezione delle acque. Per ovviare a tutto ciò e quindi importante mantenere efficiente il secondo stadio di filtrazione composto da carbone attivo che trattiene sia le grosse molecole organiche che le sostanze organiche residue derivate dall’attacco degli agenti disinfettanti (residui di cellule, proteine, ecc.). Questo processo prende il nome di adsorbimento.
A questo punto, afferrati i concetti chiave dei comuni impianti domestici ad osmosi inversa, vorrei approfondire alcuni aspetti tecnici attraverso quelli che sono dei “seri” impianti ad osmosi inversa che in linea generale non differiscono dai nostri piccoli impianti domestici ma che, ad esempio nei reparti dialisi degli ospedali salvano ogni giorno la vita di molte persone! I principi di funzionamento sono del tutto simili ai comuni impianti utilizzati in acquariofilia se non per il fatto che sono concepiti per produrre acqua sterile ed ultrapura; l’acqua infatti passa ben due volte attraverso le membrane (per questo sono spesso detti impianti a bi-osmosi). Caratteristiche un tantino eccessive per i nostri scopi ma che tornano utili proprio in questi contesti.
L’acqua della rete idrica (acqua grezza) è dapprima clorata, filtrata (1° stadio di filtrazione a 20-25 µm) e successivamente viene fatta passare attraverso gli addolcitori perché prima di entrare a contatto con le membrane osmotiche deve essere esente dai principali agenti precipitanti che potrebbero compromettere il corretto funzionamento delle membrane: il Calcio ed il Magnesio nelle loro forme ioniche Ca++ ed Mg++ insieme a tutti gli altri ioni metallici come il Ferro, Rame, Zinco, ecc. In questo modo, si evita l’ostruzione delle membrane osmotiche e si allunga la vita delle stesse, mantenendo la qualità del permeato prodotto (ecco perché si consiglia sempre di istallare un addolcitore in caso di elevata durezza).
Foto 4. Bombole contenenti resina a scambio cationico e carbone attivo.
Le resine utilizzate in questo tipo di impianti sono del tipo “food grade” e cioè per usi alimentari, anche detti “a resina sodica” – che scambiano gli ioni polivalenti con il sodio. La qualità delle resine di scambio è molto importate poiché quelle per uso industriale, nei casi di elevata durezza o in caso di saturazione, possono rilasciare nell’acqua notevoli quantità di metalli pesanti. Le resine sodiche al contrario di alcune per uso industriale (che sono generalmente usa e getta) necessitano la rigenerazione attraverso dei cicli di “lavaggio” con salamoia (soluzione a saturazione di Sodio cloruro). Questo vuol dire che bisogna far molta attenzione durante l’utilizzo delle cartucce di resine per i nostri impianti domestici .
Foto 5. Impianti di questo livello sono progettati in doppio in modo da garantire sempre la continua produzione di acqua
La fase successiva al passaggio sugli addolcitori è quella della declorazione e/o filtrazione chimica. In questo passaggio i residui organici, il Cloro in eccesso e tutte le altre componenti chimiche estranee all’acqua sono catturate dal carbone attivo. Questa fase è molto importante poiché cloro e derivati sono in grado di distruggere la membrana (ecco perché è considerato lo stadio più importante nei nostri modesti impianti). Resta comunque da non sottovalutare la qualità del carbone attivo utilizzato.
Foto 6. Secondo stadio di filtrazione a 5 µm
Foto 7. Sistema UV di sterilizzazione
A questo punto, si passa ad un ulteriore fase di sterilizzazione attraverso un passaggio su Iampada UV o su ozono ed infine altri due stadi di filtrazione su filtri da 5 µm prima e 1µm dopo.
…siamo giunti al tanto atteso passaggio attraverso i vari strati di membrana avvolta e incamiciata in cilindri di acciaio…
Foto 9
…ed il gioco è fatto.
Foto 10. L’acqua di questi impianti se ben gestiti non supera mai i 5 µS di conduttività.
Conclusioni
Avete notato quant’è marcata l’attenzione alla proliferazione batterica, indipendentemente che si tratti di impianti domestici o destinati ad altri usi? Negli impianti nosocomiali ad esempio la sterilità dell’acqua è estremamente importante poiché la presenza di batteri potrebbe seriamente compromettere la vita dei pazienti in trattamento (nei centri dialisi il sangue entra a diretto contatto con l’acqua RO prodotta dai suddetti impianti). In ambito acquariologico invece l’accumulo dei residui organici sul filtro meccanico e soprattutto in quello a carboni attivi, se sottovalutati possono trasformare un impianto ad osmosi inversa in una vera e propria bomba batterica che potrebbe seriamente compromettere la vita dei pesci in acquario.
Dunque, non lasciate mai fermo per molto tempo l’impianto, sostituite i filtri secondo le indicazioni del produttore o a seconda dell’uso ed infine, prima di utilizzare l’acqua prodotta vi suggerisco di versarci dentro un po’ di acqua ossigenata in modo da garantire una blanda sterilizzazione anche se sarebbe più efficace l’installazione a valle di una lampada UV.
Buon impianto a tutti.